Volontariato

L’ora di religione. Un Bellocchio contro ma…

Recensione del film "L'ora di religione" di Marco Bellocchio.

di Aurelio Picca

La palude della psicoanalisi l?ha attraversata. Ci guadagnano gli spettatori. Marco Bellocchio, con L?ora di religione, ha girato I pugni in tasca n. 2.Bellocchio continua a prendersela con la famiglia borghese, con la società, con la patria raffigurata dall?altare del Vittoriano. Bellocchio, dai tempi de I pugni in tasca, vuole essere ?contro?, epperò è profondamente cambiato. Lo stare contro ha perduto ogni carica ideologica: Ernesto Picciafuoco (il miglior Sergio Castellitto) è ateo senza esibizione. È un ateo che cerca l?amore, dunque un uomo che crede in Dio, al quale la famiglia e il tribunale della chiesa stanno intentando una causa di beatificazione che riguarda sua madre, una madre odiata anche se ammazzata da un fratello scemo. Picciafuoco è un pittore con un figlio iscritto all?ora di religione. Gli capitano cose paradossali ma non sputa su niente: interviene con maturità. È la stessa maturità con la quale Bellocchio gira un film che addizione due novità: svuotamento della psicoanalisi-ideologia + ribaltamenti continui che fanno storia, narrazione, addirittura mercato. Ma la forza del film (consapevole o inconsapevole?) è quella che proprio quando si bestemmiano Dio e la Madonna, Dio e la Madonna compaiono. E quando il Vittoriano crolla, sotto i colpi del mouse, invece di approdare alla distruzione del simbolo della Patria, Bellocchio canta una delle canzoni più struggenti che siano state dedicate all?Italia.

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